Note
Note alla sezione prima
1. [L’amico è Siegfried Kracauer. La cerchia, dalla quale fu escluso, quella formatasi nei primi anni venti attorno alla figura di Martin Buber (Südwestdeutscher Kreis).]
2. [La Volkshochschule è una istituzione culturale tedesca che offre agli adulti la possibilità di svolgere un’attività del tempo libero sotto la guida di persone preparate.]
3. T. W. Adorno, Der getreue Korrepetitor. Lehnchriften zur musikalischen Praxis, Frankfurt 1963, p. 218 [trad. it. Il fido maestro sostituto, Torino 1969, p. 244].
4. [«Commessa» è, in questo contesto, la traduzione di Auftrag, che è stato tradotto, con la sola eccezione del caso qui considerato, «incarico». Cfr. la lista di p. 9. Adorno fa qui rilevare che, sebbene i vocaboli del gergo possano comparire in contesti in cui il loro uso non è pregiudicato da un determinato senso filosofico, non per questo è possibile negare in linea di principio l’esistenza di una contaminazione linguistica operata dalla filosofia di Heidegger o di Jaspers.]
5. Cfr. W. Benjamin, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, in Schriften, Frankfurt 1955, vol. 1 [trad. it. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino 1966, p. 23].
6. O. F. Bollnow, Neue Geborgenheit, Stuttgart 1956, p. 205.
7. [Adorno non richiede che il pensiero cessi di pensare, ma esige che il pensiero pensi sino a quel punto in cui, in conseguenza della sua stessa logica, esso revoca il proprio primato.]
8. Cfr. M. Heidegger, Sein und Zeit (1927), 3» ed., Halle 1931, pp. 173 sgg., § 37 [trad. it. Essere e tempo, Milano 1953, pp. 2x8 sgg.].
9. [Il «movimento giovanile» sorse e si diffuse in Germania tra il 1900 e il 1930 come reazione al decrescere delle possibilità di fare esperienza in conseguenza dell’espandersi dell'industrializzazione e del tecnicismo. I mezzi tramite cui cercava di riattivare 1« fonte disseccata dell’esperienza erano fondamentalmente tre: le escursioni, l’animazione teatrale, la musica popolare.]
10. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 154 [trad. it., pp. 195 sg.].
11. [Il testo non lo dice, ma sarà bene ricordare che anche la parola «negativo» ha un doppio senso: essa può significare assente, difettivo oppure critico, funesto, disprezzabile.]
12. U. Sonnemann, Das Land der unbegrenzten Zumutbarkeit. Deutsche Reflexionen, Reinbeck bei Hamburg 1963, pp. 196 sg.
13. K. Jaspers, Die geistige Situation der Zeit (1931), 5a ed., Berlin 1974, p. 169.
14. Ibid., pp. 127 sg.
15. [Le Norne sono le Parche della mitologia nordica, che influiscono sul destino degli uomini.]
16. Bollnow, Neue Geborgenheit cit., pp. 26 sg.
17. Ibid., p. 51.
18. Ibid., p. 61.
19. [Adorno fa allusione ad un movimento «religioso», sorto in Germania durante il nazismo, che, in aperta opposizione alle forme tradizionali di religiosità confessionale, mirava a divinizzare tutto ciò che aveva radici negli usi e nelle tradizioni «tedesche». Cfr. K. H. Brachmann e R. Birkenhauer, NS-Deutsch, Straelen 1988, p. 49.]
20. Bollnow, Neue Geborgenheit cit., p. 61.
21. Ibid., p. 63.
22. Ibid., p. 100.
23. [Realista, moderato, oppure idealista.]
24. [E. Kogon, Der SS-Staat. Das System der deutschen Konzentrationslager, München 1946.]
25. [Si possono distinguere in questa sezione tre diverse nozioni di negatività, che Adorno distingue dalla propria: 1) la negatività come problematizzazione, come mero espediente didattico dietro cui si nascondono tendenze affermative; 2) la negatività astratta, che respinge ogni oggettivazione in quanto oggettivazione e finisce così, negando ogni cosa, per non negare più niente; 3) il Nulla da offrire come bene culturale reificato, in alternativa all’Essere, a quanti preferiscono i toni cupi. In Adorno invece la negazione è un index veri.]
26. Jaspers, Die geistige Situation cit., p. 128.
27. Cfr. Gruppenexperiment - ein Studienbericht, a cura di F. Pollock, Frankfurter Beiträge zur Soziologie, Frankfurt 1955, vol. 2, pp. 482 sg.
28. Jaspers, Die geistige Situation cit., pp. 146 sg.
29. H. Schwitzke, Drei Grundthesen zum Fernsehen, in «Rundfunk und Fernsehen», 1 (1953), 2, pp. 11 sg.
30. [E' il Lukács della Teoria del romanzo (trad. it. Milano 1962), scritta nel 1914-15]
31. [Di fronte alle crisi che ripetutamente scuotono i fondamenti del nostro sapere i teologi sono soliti ripetere che esse non intaccano il contenuto teologico, perché esso è al di là della fatticità. Di fatto, però, il contenuto teologico è sempre immerso nelle forme culturali di un’epoca; solo che, siccome queste vanno a fondo, mentre il contenuto teologico deve sopravvivere, si dice che esso è indipendente dalle forme culturali storiche in cui si concretizza. Poiché questa mediazione è essenziale al contenuto teologico, c’è da chiedersi cosa resta di esso dopo che esso ha respinto tutte le determinazioni dell’oggettività, per potersi affermare sulla oggettività stessa. Esso viene in realtà ridotto a una vuota astrazione - la fede «incomprensibile» di luterana memoria - la quale, poiché ha lasciato il contenuto determinato fuori di sé, viene da questo determinato e diviene esso stesso un elemento dell’esteriorità, un fatto accidentale. La religione si trasforma così in religiosità solo soggettiva. Questa a sua volta, lasciata a se stessa, si assolutizza e diventa «mitica». Si possono dunque distinguere all’interno della teologia due tendenze contrapposte: da un lato c’è una spinta all’astrazione per far fronte alla critica antiteologica, dall’altro invece c’è un bisogno di concretezza, che, dopo che la religione è stata costretta a ridursi a punto astratto, non può essere soddisfatto in altro modo che assolutizzando il soggetto religioso. Mentre la tendenza all’astrazione assicura alla religione una postesistenza nel mondo illuminato, ma a prezzo che essa diventi «positiva», che esista cioè senza che sia razionalmente motivata, dal bisogno di concretezza nasce un revival della religione, nelle vesti però di una religione pragmatizzata e ritagliata sulle aspettative dei singoli. Cfr. T. W. Adorno, Vorlesungen zur Einleitung in die Erkenntnistheorie, Frankfurt s.d., pp. 37 sg., un’edizione «pirata» da usare sempre con attenzione a causa di alcuni errori di trascrizione. Per il tema del libro sarebbe certo risultata assai interessante la lettura delle lezioni del semestre invernale 1960-61 dal titolo Ontologie und Dialektik, la cui pubblicazione non è imminente. Sul Leitmotiv teologico cfr. sopra, pp. 16 sg., 43, 47 e passim.]
32. [Si ricorderà che Heidegger, servendosi di una delle tante metafore tratte dal mondo contadino, chiama il fondamento (Grund) «suolo» (Boden).]
33. Bollnow, Neue Geborgenheit cit., pp. 37 sg.
34. Ibid., p. 170.
35. Cfr. T. W. Adorno, Eingriffe. Neun kritische Modelle, Frankfurt 1963, p. 137
36. Jaspers, Die geistige Situation cit., pp. 142 sg.
37. G. Keller, Der grüne Heinrich, w 2, citato in F. Pollock, Sombarts «Widerlegung» des Marxismus, in «Beihefte zum Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung», a cura di C. Grünberg, 3, Leipzig 1926, p. 63.
38. W. Grebe, Der tätige Mensch. Untersuchungen zur Philosophie des Handelns, Berlin 1937, citato da T. W. Adorno, recensione, in «Zeitschrift für Sozialforschung», viii (1939-40), pp. 235 sg.
39. Cfr. M. Horkheimer e T. W. Adorno, Dialektik der Aufklärung, Amsterdam 1947, pp. 20 sgg. [trad. it. Dialettica dell’illuminismo, Torino 1974, pp. 22 sgg.].
40. [Cfr. J.W. Goethe, Faust, w. 6212-24.]
41. K. Jaspers, Der philosophische Glaube, München 1948, p. 125 [trad. it. La fede filosofica, Torino 1973, p. 174].
42. K. Jaspers, Vernunft und Existenz (1935), München 1960, pp. 98 sg. [trad. it. Ragione ed esistenza, Torino 1971, pp. 120 sg.].
Note alla sezione seconda
1. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit cit., pp. 260 sgg. ; anche p. 43 [trad. it., pp. 316 sgg.; vedi anche p. 65].
2. M. Heidegger, Aus der Erfahrung des Denkens, Pfullingen 1954, p. 13 [trad. it. Pensiero e poesia, Roma 1977, p. 43].
3. [La teoria filosofica, per affermarsi come tale, deve riflettere la mediazione sociale, che comunque esiste, non saltarla. Essa si riduce alla sua base materiale proprio quando crede di esserne al di sopra, non quando la ritrova nel nucleo dei propri concetti. La filosofia non è mero riflesso di determinate forme di produzione; lo diviene però nel momento in cui essa vuole difendere a tutti i costi il principio della sua autonomia. E' questo che rende possibile la «decifrazione storiografica» di concetti filosofici di per sé avulsi dal contesto storico. Si imparerà così a vedere nell’indeterminatezza del concetto di Essere un’espressione filosofica dell’inespressività e del mutismo di coloro - i contadini -che per ragioni oggettive non sono abituati a esprimersi (cfr. p. 41), nell’Esserci-sempre-mio, intesa come l’unica determinazione generale restante dopo la decostruzione del soggetto trascendentale, l’espressione della spoliazione effettiva di quella élite liberale che non tenne il passo con le trasformazioni del capitalismo monopolistico (cfr. p. 80) e via dicendo.]
4. M. Heidegger, Über den Humanismus, Frankfurt 1947, p. 29 [trad. it. La dottrina di Platone sulla verità - Lettera sull’umanismo, Torino 1978, pp. 108 sg.].
5. Cfr. Heidegger, Aus der Erfahrung des Denkens cit., p. 15 [trad. it., p. 45].
6. Ibid., p. 12 [trad. it., p. 42].
7. Ibid., p. 22 [trad. it., p. 54].
8. Ibid., p. 27 [trad. it., p. 58].
9. Ibid., p. 19 [trad. it., p. 49].
10. [Max Jungnickel (1890 - disperso dopo il 1945) è un esponente del Kitsch letterario tedesco. Il Kitsch è per Adorno il tentativo illusorio di avvicinare un’opera d’arte al suo fruitore.]
11. Heidegger, Aus der Erfahrung des Denkens cit., p. 23 [trad. it., p. 55].
12. Citato da G. Schneeberger, Nachlese zu Heidegger. Dokumente zu seinem Leben und Denken, Bern 1962, p. 216.
13. Ibid.
14. Ibid., p. 217.
15. Cfr. J. P. Hebel, Werke, Berlin 1874, vol. 2, p. 254.
16. Schneeberger, Nachlese zu Heidegger cit., p. 218.
17. [Blut und Boden, da cui Blubo (Sangue e suolo), era lo slogan della politica agraria nazista che legava la proprietà terriera alla famiglia contadina; cfr. Brachmann e Birkenhauer, NS-Deutsch cit., p. 40.]
18. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit cit., pp. 204 sgg. [trad. it., pp. 254 sgg.].
19. M. Heidegger, Der Feldweg, Frankfurt 1956, p. 4.
20. Citato in Schneeberger, Nachlese zu Heidegger cit., p. 217.
21. [Secondo Adorno le Utopie dell’«origine» - dal Biedermaier ai Pelasgi (cfr. p. 29) - sorgono dal disagio creato dal crescere degli aspetti di contraddizione e di scissione all’interno di una società sempre più differenziata; al tempo stesso però servono a nasconderli nella misura in cui presuppongono che quel passato si sia conservato inalterato nella società contemporanea. L’illusione a cui qui si soggiace è quella che determinati valori umani, determinate forme di vita «a misura d’uomo», siano indipendenti dalle forme sociali, agrarie o artigianali, che li espressero e siano quindi trasponibili immediatamente in un’altra situazione storica. D’altro lato la coscienza soggettiva si è sviluppata a un punto tale che queste Utopie vengono coltivate oggi solo come consapevoli illusioni. Si tratta di un autoinganno cercato da una coscienza che è sin troppo consapevole dei propri limiti e che per principio non crede a qualcosa che oltrepassa l’orizzonte del fin troppo noto. Essa cerca in queste Utopie, che non vengono prese sul serio, solo lo svago dagli affari quotidiani e il controllo su quelle potenze irrazionali della vita, che, se non curate, si rivoltano contro la vita stessa. Sul Leitmotiv dell’origine cfr. alle pp. 16, 29, 75.]
22. [«Gusto» in italiano nel testo.]
23. [Il 'Vormärz è il periodo compreso tra la restaurazione antinapoleonica e i moti repubblicani del 1848.]
24. Jaspers, Die geistige Situation cit., p. 170.
25. [Allusione ai versi di Hölderlin «In denen der Seele ihr göttlich Recht I nicht wird», tratti dalla poesia Alle Parche (trad. it. in Poesie, a cura di G. Vi-golo, Milano 1986, p. 28).]
26. [Hjalmar Schacht fu presidente della Reichsbank dal 1933 al 1939 e ministro della Economia dal 1934 al 1937. Stratega finanziario del riarmo della Wehrmacht e dell’economia di guerra, fu poi sospettato di avere appoggiato l’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 e quindi internato. Cfr. R. Wisrich, Who’s Who in Nazy Germany, London 1982.]
27. [Sulla base di un modello psicologico (il rapporto estraneato delle tre principali facoltà umane: pensare, sentire, volere) Adorno espone qui il suo concetto di totalità antinmica. Mentre la teoria classica concepisce le parti a partire dalla totalità, Adorno inverte il rapporto e concepisce la totalità, in senso quasi meccanicistico, come il risultato delle parti. Per far questo egli trasferisce la dialettica tra il tutto e le parti - secondo cui non c’è totalità senza parti, ma il tutto è più che la somma di esse - all’interno delle singole parti. Ciascuna di esse viene dapprima concepita come singola totalità indifferenziata, che si spezza nel momento in cui essa è chiamata a svolgere una funzione specifica entro una totalità di più alto livello. Questa si configura adesso come il risultato di parti tra loro estraneate. Ogni singola parte ha infatti ora bisogno delle altre e nessuna è più se stessa. Si crea così il concetto di una totalità antagonistica, nella quale l'autonomia del tutto va a spese dell'autonomia delle parti. Il carattere antinómico o antagonistico consiste nel fatto che in questo concetto di totalità le parti da un lato sono più che solo se stesse - si sono arricchite entrando a far parte di una totalità di più alto livello - ma dall’altro hanno dovuto pagare il prezzo della perdita della propria identità. Ogni nuova acquisizione si configura così, nello stesso rispetto, come una perdita secca. Sul concetto di «ruolo» all’interno della totalità sociale cfr. p. 52, su quello di totalità pp. 32, 97-101.]
28. Jaspers, Die geistige Situation cit., p. 171.
29. «Die Stillen im Lande» furono chiamati, non senza una nota canzonatoria, quegli aderenti del movimento religioso pietista del secolo xviii che avevano scelto la «quiete campestre» come luogo più idoneo per praticare la loro religiosità. Cfr. G. Buchmann, Gefliigelte Worte, Frankfurt-Berlin 1986, p. 16.]
30. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 129 [trad. it., p. 166].
31. Cfr. I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 332 sg. («Die Amphibolie der Reflexionsbegriffe»).
32. Vedi per questo K. Jaspers, Psychologie der Weltanschauungen (1919), 3a ed., Berlin 1925, pp. 132 sg. [trad. it. Psicologia delle visioni del mondo, Roma 1950, PP- 155 sg ]
33. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 43 [trad. it., p. 65].
34. Cfr. Ibid., p. 249 e soprattutto pp. 301 sg. [trad. it., p. 530 nota 6 e p. 532 nota 16].
35. [Nell’ideologia nazista la Volksgemeinschaft è, a pieno titolo, l’equivalente di quello che è, nell’ideologia borghese, lo Stato. In contrapposizione a quest’ultimo essa trae la sua pretesa di legittimità, negativamente, dalla soppressione delle distinzioni di classe e di ceto, positivamente, dal fondarsi nell’appartenenza dei singoli alla medesima razza e nelle sue esigenze di difesa.]
36. Recensione allo Jesus di Rudolf Bultmann, in «Archiv fiir Liturgiewissenschaft», vi (1959), 1, p. 201.
37. Cfr. B. Russ, Das Problem des Todes in der Lyrik Gottfried Kellers, Inaugural Dissertation, Frankfurt am Main 1959, pp. 189 sgg., 200 sg.
38. [Adorno fa qui riferimento al significato, oggi perduto, dell’infinito sostantivato Anliegen nel senso di Gebrechen, cioè di mancanza o difetto.]
39. [«Eine Fehlbitte tun» (chiedere invano) è espressione attestata nella traduzione luterana del Vangelo di Marco 6, 26.]
40. Il proprio lavoro ha insegnato all’autore cos’è il cambiamento di funzione. Nella «filosofia della musica moderna» sorta in America nulla ancora lo metteva in guardia davanti alla parola «ciò che sta a cuore»; solo nell’ambito di una critica delle cose tedesche egli urtò contro l’aspetto bigotto di essa. Anche chi detesta il gergo non è immune dal contagio; tanto maggiore il motivo d’averne paura.
41. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 133 [trad. it., p. 171].
42. [Sigla delle squadre d’assalto (Sturmabteilung) del partito nazista.]
43. R. M. Rilke, Duineser Elegien (1923), New York, s.d., p. 8 [trad. it. Elegie duinesi, a cura di L. Traverso, Milano 1974, p. 13].
44. Cfr. R. M. Rilke, Der neuen Gedichte anderer Teil, Leipzig 1919, p. 1.
45. Rilke, Duineser Elegien cit., p. 7 [trad. it., p. 13].
46. Ibid., p. 8 [trad. it., p. 13].
47. [Adorno fa qui un’allusione ironica al titolo, divenuto proverbiale, di una poesia di Cäsar Flaischlen (1864-1920), Hab' Sonne im Herzen, in Aus den Lehr-und Wanderjahren des Lebens (1899). Per Adorno esso è espressione di quel superficiale ottimismo che, nonostante la sua «radiosità», non si avvede di quanto accade alla «cosa» sotto il predominio del metodo.]
48. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 259 [trad. it., p. 315].
49. C. Schütze, Gestanzte Festansprache, in «Stuttgarter Zeitung», 2 dicembre 1962, citato in «Der Monat» (genn. 1963), 160, p. 63.
Note alla sezione terza
1. G. W. F. Hegel, Differenz des Fichteschen und Schellinpchen Systems (1801), in Werke, a cura di H. Glöckner, Stuttgart 1958, voi. 1, p. 43 [trad. it. Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling, in Primi scritti critici, Milano 1971, p. 12].
2. Ibid.
3. Nel trattato su Identità e differenza Heidegger, disattento per un attimo, scopre le carte: «Ma ammettiamo, per una volta, che la differenza sia un’aggiunta della nostra rappresentazione; allora si solleva la domanda: “un’aggiunta a cosa?” Si risponderà: “all’essente”. Bene. Ma cosa significa “l’essente”? Cosa altro significa se non: quell’essente che è? Cosi noi poniamo l’aggiunta presunta, la rappresentazione della differenza, nell’Essere. Ma lo stesso “Essere” significa: l’Essere, che è essente. Noi troviamo già sempre l'essente e l’Essere nella loro differenza, laddove noi dobbiamo portare la differenza come aggiunta presunta. Accade qui come nella favola di Grimm della lepre e del riccio: io sono già qui» (M. Heidegger, Identität und Differenz, Pfullingen 1959, p. 60). Ciò che qui viene detto della cosiddetta differenza ontologica con l’aiuto di un’ipostasi davvero primitiva della copula, per trasferire la priorità ontologica di quella differenza nell’Essere stesso, è in verità la formula del metodo di Heidegger. Esso si mette al sicuro, neutralizzando le obiezioni possibili come momenti che sarebbero già stati presi in considerazione nella tesi appena sostenuta; false inferenze, che un qualunque logico potrebbe controllare, vengono proiettate nella struttura oggettiva di ciò a cui il pensiero mira e risultano così giustificate.
4. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 43 [trad. it., p. 65].
5. Ibid., p. 167 [trad. it., p. 211].
6. Citato da R. Eucken, Geschichte der philosophischen Terminologie, Leipzig 1879, p. 86; cfr. T. Hobbes, Leviathan, capp. 4 e 5. [Il passo citato di Hobbes è tratto in realtà dal De cive vn 2. L’autore ha scambiato la nota 3 con la nota 2 di pagina 86 del libro citato di Eucken.]
7. [La filosofia, secondo Adorno, deve oggi fare i conti con la sua mediazione culturale, cioè con il fatto che essa non è più una forma universale di conoscenza, ma viene esercitata all’interno di un sistema di divisione istituzionale del sapere. È un aspetto della storia dello spirito come storia della sua demitolo-gizzazione che questo sistema sia sorto dall’autonomizzarsi dei saperi settoriali da quella forma universale di sapere che un tempo è stata la filosofia. La sua essenza all’interno di questo sistema non resta immutata. Che la filosofia si sia trasformata, per così dire da un giorno all’altro, in un sapere settoriale, con una logica propria, alternativa a quella di altri saperi settoriali - e sia pure quella dell’Essere puro - significa infatti che essa non è più in grado di riflettere se stessa in quanto momento interno alla totalità dei saperi settoriali. Riflettere la totalità comporta infatti il ripercorrerne tutti i momenti dall’interno, cosa che non è più possibile quando la totalità è confinata in anticipo in un momento di essa. Quindi da un lato si riscontra la tendenza alla settorializzazione del sapere, tendenza questa che investe la stessa filosofia e che è irreversibile, dall’altro questa tendenza si scontra con quella che è la vocazione propria della filosofia, cioè quella di riflettere le dinamiche in cui essa stessa è coinvolta. Al cospetto di questo processo di erosione che la svuota dall’interno la filosofia non deve fare come se nulla fosse, visto che essa dopo tutto ancora c’è, ma deve chiamare per nome il vuoto della sua esistenza. Cfr. Adorno, Vorlesungen cit., pp. 35 sg.]
8. Cfr. F. Gundolf, George (1920), 3 ed., Berlin 1930, p. 269.
9. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 168 [trad. it., p. 212].
10. Ibid. [trad. it., p. 213].
11. Ibid., p. 165 [trad. it., p. 208].
12. Ibid., p. 127 [trad. it., p. 164].
13. [Il Befehlnotstand è per il soldato quella situazione morale di emergenza in cui egli si viene a trovare, quando deve eseguire ordini che entrano in conflitto con la sua coscienza.]
14. Ibid. [trad. it., pp. 163 sg.].
15. E. Anrich, Die Idee der deutschen Universität und die Reform der deutschen Universitäten, Darmstadt i960, p. 114.
16. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 172 [trad. it., p. 217].
17. Ibid. [trad. it., ibid.].
18. [«Bleibe im Lande und nähre dich redlich» è la traduzione tedesca del Salmo 37, 3.]
19. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 172 [trad. it., pp. 217 sg.].
20. Hegel, Differenz cit., p. 40 [trad. it., p. io].
21. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 173 [trad. it., p. 218].
22. [Asvero è il nome del protagonista della leggenda dell’Ebreo errante.]
23. Heidegger, Sein und Zeit cit., pp. 173, 172 [trad. it., pp. 218, 217].
24. [Una macchia gialla {gelber Fleck) era nel Medioevo il simbolo ebreo di riconoscimento. Fu rinnovato e ripreso durante il boicottaggio dei negozi ebrei del 1° aprile 1933, per contrassegnarli inequivocabilmente. Come distintivo fu usata una targhetta con macchia gialla su fondo nero. A partire dal 1939 fu poi introdotta la Judenstern (stella ebraica), da portare sul vestito. Cfr. Brachmann e Birkenhauer, NS-Deutsch cit., pp. 82 e 106.]
25. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 172 [trad. it., p. 217].
26. Ibid., p. 42 [trad. it., p. 65].
27. Cfr. S. Kierkegaard, Die Krankheit zum Tode (1849), Düsseldorf 1954, p. 10 [trad. it. La malattia mortale, Milano 1952, p. 5].
28. [Adorno fa qui osservare che Heidegger, in questo vero discepolo di Husserl, ha sì tematizzato l’esistenza, l’autenticità, ma solo nell’ambito di una ricerca delle condizioni «ideali» di essa. Ciò svilisce il senso stesso della parola «esistenza». Nella stessa direzione va l’osservazione di E. Bloch in Erbschaft dieser Zeit (Frankfurt 1985, p. 309) secondo cui Heidegger parla dell’esistenza con un tono accademico che la priva di quei tratti che, ancora in Kierkegaard, implicavano un autocoinvolgimento del soggetto. Si rivela quindi ingiustificato il «pregiudizio» di alcuni studiosi (cfr. H. Mörchen, Adomo und Heidegger, Stuttgart 1981, p. 50) in base al quale in Heidegger non si può parlare, a differenza che in Husserl, di «disprezzo dell’esistenza». Secondo Adorno è possibile parlare di esistenza solo in riferimento al soggetto psicologico.]
29. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 42 [trad. it., p. 65].
30. Ibid. [trad. it., ibid.].
31. [Si ricordi che nel dialetto berlinese la g si pronuncia come uno ;.]
32. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 130 [trad. it., p. 167].
33. [Tat-handlung è un termine usato da Fichte in opposizione a Tat-sache, per indicare l’incondizionatezza delle azioni dell’io. Cfr. J. G. Fichte, Zweite Einleitung in die Wissenschaftslehre (1797), in Werke, Berlin 1971, voi. 1, pp. 465 e 468.]
34. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 13 [trad. it., p. 30].
35. [In queste pagine si nasconde uno dei nodi concettuali più importanti del pensiero di Adorno: il problema del soggetto, della sua ipostasi. Perché è contraddittorio predicare del Dasein nello stesso rispetto l'ontologico e l’ontico? Perché il Dasein è ontologico? Che esso sia ontologico significa, nel linguaggio tradizionale della filosofia, che esso è condizione a priori della possibilità dell’esistenza. Essa acquista chiarezza su se stessa nel corso della delucidazione dei suoi «esistenziali», inautentici o autentici. Ma queste condizioni a priori dell’esistenza sono a loro volta esistenti, ontiche, cioè autonome rispetto a ciò di cui sono condizione? Chi afferma che l'Esserci è ontologico e antico, ha, con altra terminologia, reinstaurato la vecchia dottrina idealista dell’autonomia dello spirito. Senza volere liquidare la nozione stessa di Apriori, Adorno vuole dissolverne l’apparenza di autonomia. Per far questo egli determina dialetticamente il rapporto dell’Apriori con i soggetti psicologici da cui è stato ricavato per astrazione. Nei confronti dei soggetti psicologici l’Apriori appare infatti da un lato come un Meno, in quanto privo della individuazione e della fatticità propri del soggetto psicologico, dall’altro come un Più, in quanto sottratto alla causalità psichica e perciò costitutivo (cfr. sopra, p. 54). Da questa dialettica dei poli - ciascuno dei quali rimanda, come condizione della sua possibilità, al suo Altro -non si può uscire reificando il soggetto astratto. Chi lo fa cerca di reintrodurre di soppiatto quel momento di individuazione e di esistenza a cui si è dovuto rinunciare in favore della possibilità di un soggetto costitutivo (cfr. Adorno, Vorlesungen cit., pp. 90 sg.). La reificazione del soggetto, qualunque sia la sua forma particolare, è in ultima analisi da ricondurre sempre alla separazione, operata da Husserl nelle Ricerche logiche, di intuizione categoriale e astrazione psicologica. Essa è all’origine della rinascita dell’ontologia.]
36. Cfr. ibid., p. 172 [trad. it., p. 217].
37. [«Cooperativa di piccoli ortofrutticoltori», che nel tempo libero coltivano un piccolo orto.]
38. [Con la sua nozione di haecceitas Duns Scoto è, tra gli autori citati, il primo di una linea di nominalismo radicale, in cui si collocano, nell’ordine, Lutero (cfr. sopra, p. 24), con il suo concetto di fede incomprensibile alla ragione, Kierkegaard (cfr. sopra, p. 53), con la sua nozione di interiorità, e, ovviamente, l’autenticità di marca heideggeriana.]
39. M. Heidegger, Hölderlin und das Wesen der Dichtung, München 1937, p. 6 [trad. it. Hölderlin e l’essenza della poesia, in La poesia di Hölderlin, Milano 1988, p. 44].
40. Ibid. [trad. it., ibid.].
41. K. Jaspers, Von der Wahrheit (1948), München 1958, p. 340.
Note alla sezione quarta
1. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 250 [trad. it., p. 305].
2. Cfr. ibid., p. 130 [trad. it., p. 167].
3. Ibid., p. 261 [trad. it., p. 318].
4. Heidegger, Über den Humanismus cit., p. 47 [trad. it., p. 134].
5. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 261 [trad. it., p. 318].
6. [Cfr. F. Böhm, Anticartesianismus. Deutsche Philosophie im Widerstand, Hamburg 1938, p. 218.]
7. Cfr. la critica di Herbert Marcuse, in «Zeitschrift für Sozialforschung», vii (1938), p. 408.
8. M. Heidegger, Was ist Metaphysik? (1929), 8 ed., Frankfurt am Main i960, p. 44 [trad. it. Poscritto a «Che cosa è la metafisica?», Milano 1987, p. 264].
9. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 262 [trad. it., p. 319].
10. G. W. F. Hegel, Phänomenologie des Geistes (1807), in Werke cit., vol. 2, p. 454 [trad. it. Fenomenologia dello spirito, Firenze 1973, voi. 2, p. 130].
11. [«Daß alles wert ist, daß es zugrunde geht»: famoso verso del Faust di Goethe, cfr. vv. 1340 sg. della prima parte.]
12. [La definizione dell’io come «processo di automantenimento (von sich durchhalten) è in Adorno centrale, anche per la critica al Sein-zum-Tode quale astratta soggettività. Per chiarirla è necessario richiamare brevemente alla memoria «la preistoria della soggettività». Secondo la ricostruzione dell’antropologia borghese fornitaci da Horkheimer e Adorno nella Dialettica dell'illuminismo l’individuo si afferma interiorizzando il potere esterno esercitato dalla figura del padre. Quando questa interiorizzazione è avvenuta l’individuo è in grado di controllare la propria natura interna, cioè di porre freno al soddisfacimento immediato di un bisogno in vista del raggiungimento di una forma di soddisfacimento ritenuta superiore. In termini di economia aziendale l’individuo farebbe «investimenti» di energia pulsionale su un fine da raggiungere, impedendo la dispersione di essa in mille rivoli. Appoggiandosi a Freud, Adorno sostiene (in Terminologia filosofica, trad. it., Torino 1975, p. 376) che quel che l’individuo spende in termini di energia è sempre più di quello che gli ritorna in termini di soddisfacimento e compensazione reale. Se questo è vero, ne consegue che l'autoaffermazione dell’individuo è accompagnata, sin dal suo sorgere, da una tendenza alla dissoluzione del Sé, da un «cupio dissolvi» che ha origine appunto nella percezione che gli investimenti energetici dell’io, per cosi dire, non «pagano» (cfr. Dialettica dell'illuminismo, trad. it., Torino 1971, p. 42). Quindi, da un lato, l’io si autoafferma sulle proprie pulsioni, dall’altro, però, questa affermazione produce la tendenza opposta alla dissoluzione. L’Io è questa stessa dialettica: non può resistere in altro modo alla dissoluzione, che immergendosi nella stessa oggettività da cui nasce il «cupio dissolvi». Quando la via verso l’oggettività è preclusa, quando le energie pulsionali non riescono a organizzarsi «in vista di una meta non garantita» e il soggetto non è più disposto «a rischiare una sortita» (cfr. R. Bodei, Scomposizioni, Torino 1987, pp. 210 e 2 26), l’Io diventa passivo e, anziché resistere alle tendenze di dissoluzione, finisce per assecondarle e per identificarsi con esse. Questo Io è l’io-debole (cfr. sopra, pp. 85, 49), remissivo, al quale non resta - dopo aver respinto la via dell’alienazione - che erigere la propria nullità a sostanza (p. 48), sublimare la propria limitazione a virtù (p. 20), identificare l’esistenza e l’essenza (p. 81), la morte e la soggettività (p. 96).]
13. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 130 [trad. it., p. 167]. Vedi anche sopra, p. 82.
14. Ibid., p. 236 [trad. it., p. 289].
15. Ibid. [trad. it., ibid.],
16. Ibid., p. 240 [trad. it., p. 294].
17. Cfr. ibid. [trad. it., ibid.]. Vedi per questo la critica che Adolf Sternberger nel 1932 mosse in particolare al paragrafo 47 di Essere e tempo (Der verstandene Tod, Frankfurter Dissertation, Gräfenhainichen 1933).
18. Ibid., p. 250 [trad. it., p. 305].
19. [Uno dei più famosi generali della prima guerra mondiale, che appoggiò anche il putsch di Hitler a Monaco nel 1923.]
20. Heidegger, Sein und Zeit cit., pp. 250 sg. [trad. it., p. 306].
21. Cfr. ibid., p. 250 [trad. it., p. 305].
22. Ibid., p. 251 [trad. it., p. 306].
23. [La «grandezza» della filosofia heideggeriana nei confronti della sua vulgata, secondo Adorno, sta nel fatto che essa si è posta sul terreno di una esperienza storica di negatività, senza stendere veli di pietà. Non è invece all’altezza della sua filosofia l’avere trasformato a sua volta - come già fece Nietzsche - la negatività, la morte stessa, nella possibilità dell’esistenza autentica (ateismo pratico).]
24. Hegel, Phänomenologie des Geistes cit., p. 453 [trad. it., vol. 2, p. 129].
25. Occasionalmente Heidegger menziona con stima il concetto di totalità di altri autori, ma solo per mostrare la superiorità del proprio.
26. Heidegger, Sein und Zeit cit., pp. 223 sg. [trad. it., pp. 286 sg.].
27. [Lo überwinden tedesco ha anche il significato di besiegen (sconfiggere).]
28. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 235 [trad. it., p. 289].
29. Ibid., p. 236 [trad. it., ibid.].
30. Ibid. [trad. it., ibid.].
31. Ibid. [trad. it., ibid.]
32. Cfr. la mia Introduzione a Benjamin, Schriften cit., vol. 1, p. xxn.
33. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 242 [trad. it., p. 297].
34. Ibid. [trad. it., ibid.].
35. Ibid., p. 243 [trad. it., ibid.],
36. [Sulla decostruzione-ricostruzione adorniana del terzo momento dialettico, della sintesi, quale reificazione dell’astratto, cfr. sopra, pp. 82 e 123 sg. nota 35.]
37. Ibid., pp. 242 sgg. [trad. it. ibid.],
38. Cfr. sopra, p. 95.
39. Heidegger, Sein und Zeit cit., pp. 258 sg. [trad. it., pp. 315 sg.].
40. Ibid., p. 259 [trad. it.,p. 315]. [Bisogna dire, a onor del vero, che Adorno riporta le citazioni di Heidegger, qui come in altri casi, sopprimendo i corsivi dell’autore. Una critica filosofica, qual è quella di Adorno, richiede infatti che il senso dei passi da interpretare non sia già pregiudicato da un’interpretazione precostituita, anche se si tratta di quella dell’autore medesimo.]
41. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 253 [trad, it., p. 309].
42. Ibid., pp. 252 sg. [trad, it., pp. 308 sg.].
43. Ibid., p. 253 [trad, it., pp. 308 sg.].
44. Ibid. [trad, it., p. 309].
45. A. Schopenhauer, Die Welt als Wille und Vorstellung (1819), in Sämtliche Werke, a cura di W. Ernst, Leipzig s.d., vol. 1, p. 376 [trad. it. Il mondo come volontà e rappresentazione, Bari, 3a ed. 1979, p. 374].
46. Heidegger, Sein und Zeit cit., p. 263 [trad it. p. 320].
47. Ibid. [trad, it., ibid.].
48. Ibid., p. 254 [trad, it., p. 310].
49 Ibid. [trad, it., ibid.].
50. Ibid., pp. 253 sg. [trad, it., pp. 309 sg.].
51 Ibid., p. 254 [trad, it., p. 310].
52 Ibid., p. 255 [trad, it., p. 311].
53 [Secondo Adorno la paura della morte è una reazione alla profonda insoddisfazione che gli uomini nutrono verso la propria vita. Poiché la vita - così come essa oggi è - delude le aspettative degli uomini, le persone si attaccano alla loro esistenza biologica come all’unica cosa che veramente possiedono. Da qui il rifiuto, la paura, accuratamente rimossa, della morte. Ciò che però viene rimosso non è semplicemente un manco, un deficit, della «cultura», ma è al contempo una possibilità: quella di un rapporto con la morte che non sia di paura. E' pensabile che in una società non più dominata dall’astrazione, in cui il soggetto può trovare appagamento nella materia, vero telos dell'identità, l’autoconservazione non sia più chiamata a compensare tutto quello che non si è avuto e di conseguenza il rapporto con la morte possa perdere, almeno in parte, il suo aspetto traumatico.]
54 Ibid., p. 258 [trad, it., p. 314].
55 Ibid., p. 264 [trad, it., p. 321].
56. Ibid. [trad, it., ibid.].
57 Ibid., p. 264 [trad, it., ibid.].
58. Ibid. [trad, it., ibid.].
59 Ibid., pp. 296 sg. [trad, it., pp. 350 sg.].
60. Heidegger, Was ist Metaphysik?cit., p. 45 [trad, it., pp. 264 sg.].
61. [L’autore è Helmut Kuhn, professore di filosofia negli Stati Uniti durante il Terzo Reich e poi dal 1949 a Erlangen e dal 1952 a Monaco. I libri citati sono stati pubblicati rispettivamente nel 1950 e nel 1954.]
62. F. Schiller, Uber Anmuth und Würde (1793), in Sämmtliche Werke, vol. 8, 1.1, Stuttgart-Tubingen 1818, pp. 95 sgg. [trad. it. Grazia e dignità, in Saggi estetici, Torino 1951, pp. 201 sg.].